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Interpretazione personale di Tribals in chiave Storico-Fantasy

DeletedUser

Ospite
Interpretazione personale di Tribals in chiave Storico-fantasy

Premessa

Questo thread tratta esclusivamente di argomenti inerenti Tribals, niente altro. Ritengo quindi che la sezione più idonea in cui postare sia "Discussioni", ma se a vostro parere, moderatori, è Off Topic, spostate pure... oppure che ne so... in Tribal Arts.

Si tratta di un thread aperto per stimolare l'immaginazione dei giocatori che stanno molto, troppo tempo davanti al computer e giocano a Tribals tutto il giorno considerando gli aspetti più strategici e matematici del gioco, tralaciando quelli più, disciamo così, fantasiosi.
La piccola scintilla del divertimento si spegne non appena si accende, se a spingere un giocatore ad attaccare e conquistare è solo il desiderio di supremazia del territorio o, peggio ancora, una mera dimostrazione di forza. In my humble opinion, farebbe bene ad ognuno di noi cercare di entrare nella realtà del gioco. No, non è un ossimoro. Il gioco ha una sua realtà, dati e sequenze di bit che sfrecciano alla velocità della luce davanti ai nostri occhi non sono niente se non diamo loro un significato più profondo.
Vediamo un villaggio e lo consideriamo una base per far partire attacchi.
Vediamo un esercito e lo consideriamo uno strumento per conquistare altre basi per far partire altri eserciti.
Si tratta di un circolo vizioso in cui molti sono caduti senza più uscirne, resi automi da guerra senza pietà e senza nome.
Perchè non osserviamo invece un po' più da vicino cosa abbiamo sotto agli occhi? Immedesimiamoci in un vagabondo che si trova in uno dei nostri villaggi, osserviamo gli edifici e le truppe con occhi nuovi. Createvi una vostra realtà e vedrete che avrete più piacere a giocare.
Sono sicuro che chi ama il Fantasy e il Medioevo come me sa già cosa voglio dire e cosa si prova.
Detto questo... cominciamo! Vediamo se riesco a suscitare in voi l'emozione che tanto difficilmente ho cercato di descrivere.

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Un'occasione d'oro ed un Palazzo di Platino

Hans era puntuale quella notte. A dire il vero lo era sempre stato, non era mai arrivato tardi all'accampamento di vagabondi a nord-ovest della città. Galahad lo osservava galoppare velocemente su per il pendio con occhio attento e sguardo truce. Hans portava in testa il solito mezzo caschetto coperto da una leggere stoffa scura per evitare che il suo elmo lo rendesse riconoscibile a distanza per via del riflesso della luna. Un esploratore esperto, un soldato d'onore e un amico fidato. Il mantello svolazzava ad ogni falcata del cavallo che per lo sforzo della salita sbuffava e scartava di continuo, ma Hans era un abile cavaliere e spronava il cavallo con decisione e senza alcuna paura. Mentre si approssimava al campo, il vagabondo seduto vicino a Galahad davanti al fuoco gli diede una pacca sulla schiena e gli disse:
- Abbi fiducia, sento che questa è la volta buona per tutti noi. Forse finalmente possiamo andarcene via da questo postaccio
Si chiamava Cormac, un ciccione ottimista che mangiava e parlava troppo. Galahad non potè reprimere un gesto di stizza.
- Lasciami in pace, budrione! Che ne sai tu di cosa ci dirà Hans? Tu non hai aspettato in questo schifoso campo per due mesi di fila! Sei arrivato solo una settimana fa e speri di andartene per primo? Farai la fila come tutti.
Si alzò e lasciò il ciccione balbettare delle imprecazioni incoprensibili, forse nella lingua dei reietti del sud.
Si incamminò verso Hans che intanto era già smontato da cavallo e consegnava le redini al primo ragazzo incontrato. Si fermarono l'uno davanti all'altro per qualche secondo. Hans Burstbreath, Hans il cacciatore di taglie, Hans in fidato; davano molti soprannomi a quel vecchio soldato, ma per Galahad rimaneva sempre lo zio e l'unico parente che gli rimaneva al mondo. Capelli brizzolati e rughe profonde decoravano il viso emaciato di Hans, che si contrapponeva al volto giovane di Galahad e ai suo capelli color oro che gli ricadevano sulle spalle; la barba incolta del ragazzo lo faceva sembrare tuttavia più vecchio dei 21 anni che aveva..
- E' fatta Gal. E' fatta amico mio. Il re ha concesso proprio stamattina l'ampliamento della fattoria di nord-ovest.
Galahad ascoltò e cercò di dire qualcosa. Non poteva. Le lacrime gli sgorgarono troppo in fretta, non riuscì a proferire parola. Da 65 giorni aspettava quel momento e ora che finalmente era arrivato non riusciva nemmeno ad esultare di gioia. Pianse, pianse come una femminuccia. Duecento e più profughi cominciarono ad ammassarsi intorno a Hans, il rimbombo delle risa e degli inni di gioia riecheggiò per tutta la valle di Boert. Qualcuno tirò su Galahad per le spalle e lo abbracciò, qualcun altro gli diede qualche pacca o applaudì gridando il suo nome e il nome degli altri 19 che venivano reclutati ogni volta che le fattorie della città venivano ampliate. La gioia era contagiosa e Galahad, comunemente chiamato il "reietto di Caracarn", smise presto di piangere per cantare canzoni del suo paese natale.
La notte trascorse veloce e gli animi si calmarono. Stormi di corvi gracchiarono e sorvolarono il campo verso l'alba del giorno dopo. Il ragazzo decise che quegli uccelli non avrebbero mai più avuto un tetro significato per lui, mai più. Hans aveva passato la notte nell'accampamento, come era solito fare quando festeggiava con i vagabondi. I venti scelti per entrare nella Città di Platino erano già pronti quando il sole non era nemmeno a un quarto del suo percorso celeste. In poco più di un'ora di cammino Hans (che tuttavia era rimasto in sella al passo) e i venti prescelti si ritrovarono davanti al cancello di nord-ovest, sulla stessa strada che, presa in direzione contraria, avrebbe portato alle miniere di ferro di Boert.
Sbrigate alcune faccende burocratiche, la guardia addetta al comando del cancello lasciò passare le venti giovani reclute che sfilarono eccitati davanti ai soldati in armature sgargianti. Ed ecco davanti a loro la città più bella e più prosperosa delle terre dell'est. La Città di Platino. Galahad rimase impressionato dalla grandiosità di quel che vedeva.
Il primo edificio che vide fu un'enorme struttura alta almeno una decina di piani; non aveva finestre, ma solo piccole inferriate laterali e sorvegliata da una decina di guardie all'unico ingresso. Non poteva essere altro che il magazzino pubblico.
Passato qualche isolato, si ritrovò in mezzo a gente che andava e veniva freneticamente in ogni direzione. Bancarelle e piccole tende erano sparse ovunque in una enorme piazza e molti mercanti gridavano a gran voce e lodavano la qualità del proprio prodotto. Le reclute seguivano Hans senza mai fermarsi neanche per un secondo, e così faceva anche Galahad, sebbene fosse tentato di sbirciare un po' ovunque in quel tripudio di odori, suoni e colori. Il mercato della piazza era il posto più affollato della fortezza, senza ombra di dubbio. Galahad rifiutava cordialmente qualunque offerta gli venisse fatta mentre passava in mezzo alla gente e cercava di tenere il passo con il gruppo. D'un tratto una bella ragazza lo afferrò per il polso e si costrinse a voltarsi; stava già per pronunciare la stessa frase che ha ripetuto per tutto il percorso in mezzo al mercato, ma si interruppe quando vide bene la ragazza in faccia e soprattutto quando il suo sguardo cadde sul suo corpo. Approfittando della sua esitazione, la donna lo tirò in disparte in un angolo e cominciò a svestirsi davanti a lui; dapprima abbassò l'abito azzurro fino alla vita, poi cominciò a togliersi la sottoveste. Galahad paralizzato dall'imbarazzo non fece altro che guardare attonito la ragazza spogliarsi. Da molto tempo non posava gli occhi su un corpo di donna. La sottoveste si fermò all'altezza del seno prosperoso e la ragazza chiese con flebile voce:
- Allora? Vuoi divertirti un po' con me o no? Non costo molto.
Non fece in tempo a rispondere che una mano forte lo tirò per la collottola e Galahad si sentì soffocare. Fu trascinato indietro e poi di colpo spinto in avanti sulla via che stava percorrendo qualche secondo prima.
-Gal, essere qui oggi per te è un privilegio. Ho sempre pensato che tu sei un ragazzo intelligente, oltre che capace in battaglia. Ma se ti vedo gironzolare ancora per il mercato insieme a delle prostitute non mi lascerai altra scelta che rimpiazzarti con qualcun altro che abbia più sale in zucca. Non tradire la mia fiducia, figliolo.
Gal, confuso e costernato fece per giustificarsi, ma si rese conto che Hans aveva perfettamente ragione.
-Scusami Hans... è che qui è tutto nuovo per me. Conta su di me vecchio mio! Sarò un bravo soldato.
Hans annuì lentamente. Lo fissò intensamente, come se scorgesse nei sui occhi una determinazione unica.
Si riunirono poi al gruppo di reclute e uscirono dalla piazza del mercato. Già si respirava un'aria diversa. In giro non c'era più gente e le bancarelle lasciarono il posto a carri e al posto dei commercianti c'erano infermiere e guardie da per tutto. Galahad riusci a percepire un debole clangore, come di spade che si incrociavano in lontananza. L'aria si stava caricando di eccitazione, sudore e paura. Erano entrati nella zona di addestramento dei soldati. Di lì a poco sarebbero arrivati a ciò che Galahad e i suoi compagni avrebbero chiamato casa per il resto delle loro vite. La Caserma della fortezza di Platino.


Fine primo capitolo
Editerò con il secondo capitolo non appena mi sarà possibile e se avrò voglia. Ma tranquilli che lo farò ;)

Per piacere se avete voglia di commentare fate pure, basta che facciate commenti costruttivi e non vi date alla pazza gioia con lo spam.
Voglio che i giocatori apprezzino il rovescio della medagli di Tribals.

EDIT 22/04: Corretto e aggiornato in base ai suggerimenti offertomi. Grazie!

 
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bhè, come inizio non è male...
il fantasy purtroppo non è proprio il mio genere, ma spero di poter dare il mio contributo da lettore di fantascienza hard, perchè in fondo, lo ammetto, in un piccolo angolo del mio cuore c'è spazio per un po' di sword and sorcery nel genere howard. :D

a parte alcuni errori sui tempi dei verbi che si possono eliminare, devi star più attento coi numeri... a volte parli di galahad e di altri diciannove compagni, altre volte, affermi che il totale è di ventuno... sono sottigliezze, ma attento. :D

per il resto, io personalmente, cercherei di renderlo il più hard possibile, ciò più che altro per mia personale indole...
i nomi purtroppo... i nomi... o ne inventi tu di nuovi, creando in contemporanea tutto un cosmo stile lovecraft... oppure cerca di non mischiare troppi nomi appartenenti a contesti differenti... galahad, hans, cormac... che accostamenti ardimentosi... è come se io scrivessi di tre contadini della bassa padana, il primo gavino, il secondo carmine, il terzo john...

altro punto critico: il castello di platino? io renderei più hard, facendolo non di platino, ma d'oro... il platino fino al medioevo era praticamente sconosciuto, tanto che i conquistatori spagnoli lo consideravano una sorta di argento di serie b e fino al 1700 era praticamente inutilizzato...

a questo punto, passerei ad analizzare in maniera più "perfida"... :D

perchè hans che è un cavaliere, dovrebbe esser amico di un vagabondo come galahad?

perchè galahad è sbarbato?

perchè la prostituta avvicina galahad? non avrebbe più senso avvicinare hans, che evidentemente è l'unico in grado di pagarla?

perchè la prostituta inizia a spogliarsi? non avrebbe più senso iniziare a spogliare galahad e in caso di un suo rifiuto approfittarne per derubarlo visto che non potrebbe inseguirla avendo le braghe calate?

ps: rileggendo ho notato un altro errore molto grave... l'accampamento dei vagabondi è all'esterno della città, ok, ottimo.
questa frase però non regge: "I venti scelti per entrare nella Città di Platino erano già pronti quando il sole non era nemmeno a metà del suo percorso celeste. In poche ore Hans e i venti prescelti si ritrovarono davanti al cancello di nord-ovest", sembra quasi che erano pronti poco prima di mezzogiorno e che poi impiegarono alcune ore per raggiunger la città... non ha senso. i vagabondi se stazionavano all'esterno della città avevano la necessità di poterla raggiungere rapidamente, se no come avrebbero fatto a chieder l'elemosina quotidiana?
poi raggiungere la città nel pomeriggio... mhm... non era meglio farli arrivar di mattina, così da poter aver più tempo per gironzolare, ecc, ecc....?

ad ogni modo la mia valutazione è elevata, un bel 7 ci sta tutto...

come tu hai richiesto, magari nei prossimi giorni proverò anche io a buttar giù qualche riga, magari sviluppando l'idea che avevo accennato l'altro giorno abbastanza di fretta rispondendo ad un altro post simile, narrando le gesta di barbari arrivati dal lontano est del bordomappa...
 

DeletedUser

Ospite
...conquistatori spagnoli lo consideravano una sorta di argento di serie b e fino al 1700 era praticamente inutilizzato...


nota storica... il platino era talmente inutilizzato che i falsari russi, dato il suo peso, lo usavano per falsificare le monete d'oro... :D
 

DeletedUser

Ospite
Fantastico. Ho sempre adorato questo genere di racconti... voglio un seguito U_U altrimenti vi piallo :D
 

DeletedUser

Ospite
Anche a me piacciono questo tipo di racconti. Oltre a quelli che ha trovato scrat di errori credo di averne trovato un altro.
Quando la fattoria viene ampliata i braccianti possono essere utilizzati non solo come militari, ma anche per costruire gli edifici
 

DeletedUser

Ospite
EDIT 22/04: Primo capitolo aggiornato e corretto, grazie dei suggerimenti!

Capitolo 2: Il mito del santo guerriero

Grosse e oscure nubi cavalcavano veloci i venti provenienti da oriente quando il sole non era ancora mezzodì, raffiche di vento sferzavano senza tregua tutto e tutti, la bandiera del Leone rampante, simbolo della Città di Platino e della famiglia del re, sventolava più che mai puntando verso ponente proprio in direzione di una enorme statua di marmo poco distante dalla caserma, raffigurante un soldato dall'elmo chiuso e dall'armatura pesante che alzava la spada al cielo con una mano, mentre reggeva uno scudo romboidale su cui era disegnata una croce con l'altra. Galahad sedeva insieme ai suoi compagni sulla lunga rampa di scale che portava all'ingresso dell'edificio.
Cominciava a far freddo, freddo sul serio, mancavano pochi giorni all'inizio della stagione invernale e quel maledetto vento non aiutava di certo!
- Sbrigati Hans dannazione! Mi sto gelando le chiappe su queste scale, accidenti!- disse Gal a sè stesso.
Hans aveva detto ai ragazzi di rimanere ad aspettarlo lì finchè non avesse aggiunto i loro nomi all'elenco dell'esercito. Il censore militare aveva un edificio tutto suo separato dalla caserma, sebbene sembrasse parte di essa, proprio a lato della scalinata; il veterano aveva legato il suo cavallo bianco ad un palo e in quel momento lui e il censore se ne stavano al calduccio lasciando le reclute a girarsi i pollici per interminabili minuti. Fu durante quell'attesa che i ragazzi cominciarono a parlarsi e a scherzare fra di loro per la prima volta da quando avevano lasciato gli ex compagni all'accampamento fuori città.
- Ti dico che è la verità! Lo giuro su quello che ho di più sacro!- esplose uno di loro, un certo Volmar, un tipo muscoloso con l'anello al naso.
- Ma non dire idiozie! Non c'è alcuna prova e... insomma non può essere! Come fai a credere a queste stupidaggini?!- gli urlò in faccia uno.
- Certo che sei proprio un credulone!- disse poi un altro esplodendo in una grassa risata.
- Pensate pure quello che vi pare! Io so quello che ho visto e vi dico che non ero ubriaco, lo giuro! Lo giuro su quello che ho di più sacro!
- Certo, come no! Amico, penso che dovresti farti una bella dormita non appena arriviamo in dormitorio, non ti potrà fare altro che bene! Non erano nient'altro che torce molto grosse ti dico- Batan non sembrava minimamente turbato dallo comportamento di Volmar.
- Nemmeno tu mi credi, Batan? Nemmeno tu? Oh santo cielo... ragazzi non so come spiegarvelo, ma è la verità, non me lo sono sognato nè inventato! Oh Dio... ma perchè non mi crede nessuno?- e qui la sua foce si fece roca e a malappena udibile -quel bagliore... quella luce non era... non era... Dio, Dio! Quell'uomo... quel tizio la portava in mano come se fosse una mela! Lo giuro su quello che ho di...
- Più sacro? Avanti Volly, stai zitto e non fiatare, siamo stanchi del tuo bisogno di attenzione!
Andarono avanti per molto tempo ancora e anche dopo che Volmar voltò le spalle e tenne il broncio, le risate e le battute non finirono. Secondo quel povero ragazzo, un uomo era corso cavalcando la notte prima in testa ad un manipolo di poche decine di unità, qualche centinaio di metri lontano dall'accampamento dei reietti. Volmar era nei paraggi per raccogliere legna da ardere quando li vide fermarsi a far riposare i cavalli. Secondo quanto andava ripetendo da quella sera, il capo del manipolo, che sembrava essere costituito da spadaccini esperti, avrebbe sfoderato una spada che, appena estratta dal fodero, avrebbe provocato delle scintille che in pochi istanti avrebbero incendiato la spada, e che dopo pochi secondi anche le spade degli altri spadaccini sarebbero andate a fuoco, brillando di luce accecante, sebbene con intensità nettamente inferiore rispetto a quella del capitano; non solo, non riusciva a smettere di raccontare in giro che nessuna di quelle persone indossava guanti protettivi e che tenevano tutti la spada a mani nude senza risentire minimamente delle fiamme che avvolgevano i loro avambracci, come se quel fuoco non fosse affatto fuoco, ma una potenza soprannaturale. Secondo il muscoloso ragazzo, i cavalieri si sarebbero poi inginocchiati con le spade conficcate nel terreno e l'elsa sotto al mento e pregarono con voce sommessa mentre le spade erano ancora fiammeggianti; la spade si sarebbero poi "spente" da sole e i cavalieri sarebbero ripartiti al galoppo senza lasciare alcuna traccia di zoccoli sul terreno.
Galahad era scettico a metteva in dubbio qualunque cosa fosse fuori dalla norma e non ci credeva fino a che non vedeva con i propri occhi. E comunque, non sarebbe stato quello stupido racconto ad impensierirlo quel giorno. C'erano cose più importanti a cui pensare in quel momento. Il futuro era incerto, ma una mente attenta e concentrata come la sua non doveva indugiare su argomenti così stupidi. Si era già dimenticato che si era quasi lasciato fregare da una prostituta qualche tempo prima. Arco alla mano e faretra sulle cosce, si stringevai il mantello addosso cercando di non lasciare alcuno spiraglio in cui potesse infilarsi il vento gelido.
Finalmente Hans tornò dai ragazzi e tutti si zittirono di colpo, aspettando che l'esploratore dicesse loro cosa fare. Appoggiò un piede sul primo gradino e una mano sul fianco, assunse una posa più eretta, sembrava fiero.
- Ragazzi, penso che siamo stati fortunati. Per disposizione del re, tutti i nuovi posti ricavati dall'implementazione delle fattorie, d'ora in poi, saranno sempre riservati a nuove reclute per l'accrescimento dell'esercito, e questa non è una novità. Ciò che non sapevate, e che non sapevo nemmeno io fino a che non me l'ha detto il censore in persona, è che... be', non ci crederete, ma il percorso formativo militare delle nuove reclute di questo mese sarà quello della cavalleria pesante! Congratulazioni signori miei, siete destinati a diventare l'elite dei cavalieri dello Stendardo del leone rampante o, come dicono tutti molto più semplicemente, i cavalieri neri. Se Dio lo vorrà.
Un secondo di silenzio. Due. Tre. No, molti di più; a Galahad sembravano non finire mai. Il cuore gli batteva all'impazzata, gli martellava senza sosta e freneticamente contro il petto e il respiro si faceva corto. Batan saltò in piedi, il sacco che teneva sulle ginocchia cadde riversando sul terreno tutti i suoi effetti personali; un ragazzo basso e abbronzato di nome Pholus nascose il volto fra le mani e cominciò a ridere come un matto cercando a stento di reprimere le urla di gioia far una risata e l'altra; qualcun altro si lanciò a fionda su Hans e lo abbracciò forte e baciandolo sul collo e piangendo di gioia; Volmar alzò le mani al cielo e ringraziò il Signore dopo aver ringraziato Hans stringendogli la mano con forza.
Gal era l'unico rimasto seduto. Un'emozione indescrivibile lo attanagliava e lo incatenava in quella posizione, fissando i piedi di Hans che si destreggiavano cercando di non cadere dopo l'assalto di abbracci; sentimenti contrastanti lo investirono in una raffica tanto improvvisa che la testa gli girò per un momento. Gioia per l'ottima notizia, timore di non essere all'altezza della fiducia riposta in lui, paura del futuro che adesso appariva meno incerto ma più difficile, gratitudine nei confronti di Hans e verso il Signore che gli ha concesso di realizzare il sogno della sua vita... e sospetto per un onore che nessuno avrebbe mai concesso a dei vagabondi sconosciuti e potenziali fuorilegge.
- Tua madre sarebbe stata orgogliosa di te, figliolo.
La voce dello zio era calda e rassicurante. Aveva la capacità di tranquillizzarlo e dominare le forti emozioni che lo travolgevano in quel momento. Non poteva più trattenersi, balzò in piedi e con una esplosione di affetto, senza dire una parola, abbracciò con trasporto lo zio e pianse lacrime copiose sebbene tenesse gli occhi chiusi dalla vergogna. Inumidì di lacrime e muco la sua spalla, cercava di darsi un contegno e di smetterla di frignare ma non poteva, la gioia (ora il sentimento predominante), era troppo forte. Pensò che per la seconda volta nell'arco di poche ore si è comportato da femminuccia davanti allo zio. Non sapeva che anche Hans, mentre lo abbracciava e gli dava delle pacche sulla schiana, tratteneva a stento lacrime di gioia; e pensava che la lavanderia della caserma avrebbe dovuto lavare due maglioni in più quel giorno.

 
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DeletedUser

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Si ritrovarono un'ora dopo in una taverna in un angolo fra la strada dal magazzino quella che portava alle stalle dell'esercito. Non aveva un nome molto azzeccato per una taverna, L'arpa del cantastorie, tuttavia l'ambiente era confortevole, non c'era molta gente e non puzzava di fumo o alcol come ci si sarebbe aspettati; i tavoli ed i pavimenti erano puliti e le finestre avevano bei tendaggi. Arazzi e quadri decoravano le pareti interne e le cameriere erano estremamente cordiali. Galahad si sarebbe ricordato di quel posto nel caso avesse avuto voglia di trascorrere una bella serata in futuro. Era quasi il tramonto e Hans aveva offerto da mangiare e parecchi giri di vino per festeggiare e si respirava un'atmosfera di allegria e amicizia. Sedevano tutti insieme ad un lungo tavolo, dieci per lato e Hans a capotavola; da quel giorno in poi venti ragazzi che a malappena si conoscevano fuori città, cominciarono a stringere rapporti più fraterni fra di loro, dal momento che avrebbero vissuto sempre insieme da quel momento in poi. La fratellanza ebbe come effetto un'allegria senza precedenti e Hans ne sembrava contagiato quanto Gal.
Un contadino sporco dal cappello di paglia interruppe però quel magico momento. Entrò di filato nel locale e agitò le braccia in direzione dell'esterno. Tutti i clienti lo osservarono attentamente cercando di capire cosa volesse quel vecchio analfabeta. Non faceva altro che agitare le braccia saltando qua e là e indicando la porta.
- Vattene e lasciaci mangiare in pace vecchio idiota!- sbottò un tizio dall'aria minacciosa vestito elegantemente.
- Vattene o te le suono vecchio bacucco!- disse un altro dopo aver estratto un pugnale e sputato per terra. Una cameriera lo vide e grugnì stizzita per quel gesto, ma rimase in disparte, intimorita da quel pugnale. Galahad sentì una fitta al cuore e provò pietà per quel vecchio balordo; tutta quella gente non aveva il diritto di trattarlo in quel modo. Lui ne sapeva qualcosa di come ci si sentiva a essere cacciati in malomodo.
Fortuna che Hans e Batan si alzarono contemporaneamente per disarmare rapidamente il cliente che probabilmente era ubriaco.
- Calma buon uomo! Calmatevi tutti voi, non vedete che è sordomuto?
Tutti distolsero lo sguardo da Hans in un moto di costernazione, provocato dai suo occhi minacciosi. Si vedeva lontano un miglio che era un veterano rispettato da quelle parti. Qualcuno gettò anche qualche moneta al vecchio, sopraffatto da un senso di pietà suscitata e voluta dall'esploratore, che si voltò verso Batan e gli altri ragazzi e ammiccò loro sorridendo in segno di intesa. Risero tutti e venti sommessamente!
L'anziano contadino raccolse le monete e fece per andarsene, ma si fermò all'improvviso davanti al ripostiglio delle delle stoviglie pulite ad un angolo vicino all'ingresso. Lo aprì e ne tirò fuori un mestolo molto lungo e ricominciò ad agitare le mani e ad indicare verso l'esterno. Si sentirono le voci di persone fuori che parlavano a voce alta e il calpestio di piedi e zoccoli che correvano da qualche parte; un po' insolito. I clienti del locale continuavano a non capire cosa stesse succedendo, quindi il contadino ricominciò a frugare nel ripostiglio, intanto tutti cominciarono ad alzarsi e a lasciare i soldi sul tavolo, intuendo che sarebbe successo qualcosa di lì a poco, pronti a scappare. Il vecchio estrasse questa volta una grossa pentola che si infilò in testa, nascondendola completamente, ed un larghissimo vassoio tenendolo con la mano libera. Dapprima le risate invasero il locale, ma quando il contadino alzò il mestolo in aria, indicando il cielo, nessuno fiatò più, e tutti finalmente capirono.
- Ma... quella posizione... la statua!- riflettè Galahad.
- Ensifer- mormorò qualcuno.
- Ensifer!- disse qualcun altro.
- Sì è Ensifer!- urlò qualcun altro col sorriso sulle labbra.
E in pochi secondi il locale si svuotò; rimase solo la compagnia delle reclute, indecisa se seguire la folla o rimanere insieme ad Hans che nel frattempo si era riseduto tranquillamente al posto di capotavola.
- Hans, chi o cosa è Ensifer? E perchè non scappiamo anche noi?- chiese un giovane dai capelli rossi di nome Joys. Aveva la sacca in spalle e pronto a correre.
- Scappare? Ragazzo siediti. Sedetevi tutti quanti. Non c'è nulla e nessuno da cui scappare- si sedettero tutti quanti, incerti, compreso Galahad.
- Tutta quella gente sta andando ad acclamare l'eroe della città, tornato proprio ieri notte da una missione durata tre lunghi mesi e compiuta con successo. Si chiama Ensifer Anark, ed è il paladino per antonomasia. Un guerriero santo, benedetto da Dio, dal quale riceve tutta la sua forza.
I ragazzi si guardarono l'un l'altro entusiasti e curiosi di vedere un vero eroe delle storie da vicino.
- Ti prego Hans! Andiamo ad acclamarlo anche noi! Vogliamo essere benedetti dalla sua mano!- si espresse con calore Galahad.
- Non ce ne sarà bisogno Gal. Lo rivedrete domani mattina in caserma. Non ve l'ho detto? Ensifer sarà il vostro maestro per tutta la durata della vostra formazione militare.
Sorseggiò il suo bicchiere di vino e rise di cuore nel vedere le facce esterrefatte dei nuovi allievi del paladino.
- Che c'è? Un gatto vi ha mangiato la lingua?
E rise di nuovo fragorosamente.


Fine capitolo 2



Mi scuso per il multi-post ma non ci stava tutto in uno solo ;)
 
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DeletedUser3792

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complimeti! scrivi veramente bene!
ne ho letto solo una parte e mi è piaciuta
 

DeletedUser

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Oooh grazie, grazie a tutti! Finchè c'è gente che legge io continuo :)
 
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DeletedUser

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lol ancora con questa storia? Ti ho già detto che sono una schiappa, e poi sono troppo cattivo e mando a quel paese non appena sgarri su qualcosa... già lo faccio adesso figurati se divento mod.
Grazie comunque per il (velato?) complimento.
 

DeletedUser

Ospite
Bello, continua così. Dovresti ascoltare il consiglio di Xpheos, di scriverci un libro
 

DeletedUser

Ospite
hihihihihihihihihihihi


tranquillo continuero fino a che tu nn ti cancelli
 

DeletedUser

Ospite
Oooh grazie, grazie a tutti! Finchè c'è gente che legge io continuo :)
Nono, tu continui e basta U_U
Ormai hai iniziato, devi saziare la mia sete di letture (o far morire tutti con una bella piallata, ma a quel punto potrei desiderare di mettere in atto quanto scritto sul tuo villo U_U)




Si, ok, sono allucinato... complimenti :D
 

DeletedUser

Ospite
Davvero complimenti!
Un bellissimo racconto..spero continuerai a scrivere,secondo il mio modesto parere hai talento da vendere :)
 

DeletedUser

Ospite
Capitolo 3: Una giornata interminabile


Il gelido vento di levante mutò rapidamente in acquazzone, grosse scure nubi si radunarono sopra la città in un'improvvisa oscurità, le gocce cominciarono a cadere dapprima leggere come fresche carezze, ma ben presto le gocce divennero goccioloni, i goccioloni divennero cascate che investirono edifici e persone proprio quando il Paladino era rincasato e l'acclamazione era ormai terminata, quasi che qualcuno nel cielo avesse atteso la fine dell'evento prima di riversare sul Palazzo di Platino il tremendo temporale. Solitamente durante le ore di semplice pioggia, coloro che passeggiavano per le strade rincasavano, mentre tutti i lavoratori continuavano i loro affari accanendosi contro la pioggia. Quasta volta no: vennero prese misure di sicurezza.
Centocinquanta lancieri del secondo plotone di difesa furono incaricati di pattugliare e invitare la gente a starsene a casa per tutta la durata dell'acquazzone. No, forzare era il termine giusto: gli ordini del re non sono inviti. Ai lavoratori della fucina fu vietato di prelevare ferro dal magazzino, ma fu consentito di lavorare sul poco che avevano di riserva sul posto di lavoro; le armi sarebbero poi state depositate nella fucina stessa in attesa del ritiro da parte degli addetti all'armeria. Alle persone troppo lontane da casa fu intimato di trovare riparo nella taverna, locanda o chiesa più vicina; non vi era dubbio che tutti e tre i direttori di quei locali sarebbero stati contenti di ospitare più gente, chi per un motivo chi per un altro... la tempesta era "una manna dal cielo" per loro. Era tutt'altro, invece, per i contadini e gli allevatori delle fattorie, sia pubbliche che private. Nel caso in cui il raccolto non venisse devastato dal forte vento, ci sarebbero comunque stati disagi di vario genere: attrezzi e animali scomparsi, giornate di lavoro perse, documenti da firmare per le denunce e la visita dell'esercito a casa propria nel caso qualcosa sembrasse sospetto agli occhi del ministro dell'economia. Lo stesso valeva per i rifornitori di materie prime. I taglialegna, gli scavatori e i minatori venivano tutti richiamati in città, dal momento che i cancelli venivano chiusi. Si sarebbero tuttavia consolati del tempo perso con la compagnia dei propri amici o della famiglia... o dell'amante.
Farsi il giro di una grande città sotto la pioggia, indossando semplici calzari permeabili, brache e cotte di maglia non era proprio il massimo della comodità per gli sfortunati lancieri incaricati di pattugliare le strade, l'umore era quello che era e, spesso, capitavano risse fra civili e soldati a causa di stupidi motivi, ma solitamente finiva tutto molto in fretta e senza spargimenti di sangue, dal momento che ognuno aveva fretta di mettersi al riparo e starsene al caldo nel mezzo di quella straordinaria tempesta. Ma forse il motivo principale era solamente il rancio doppio che attendava i lancieri in caserma.
Dopo la chiusura dei cancelli, ovviamente, le strade rimanevano deserte. Molto raramente capitava di scorgere qualche farabutto che tentava di approfittare del tempo atmosferico per derubare inermi e indifesi, ma quel giorno c'era da scommettere che nemmeno loro avrebbero tentato alcunchè di illegale. A tratti la tempesta faceva sbattere le persiane di qualche finestra ma, a parte questo, l'unico rumore udibile dall'interno della caserma era il ticchettio insistente e logorante delle gocce sul vetro delle finestre.
Con lo sguardo fisso nel vuoto Batan se ne stava con la fronte appoggiata sul freddo vetro e con le braccia conserte a riflettere sugli avvenimenti di quella giornata pazzesca. Lui e i sui compagni si sono ritrovati nel dormitorio prima ancora che se ne rendesse conto. Era stato tutto così improvviso! Ensifer, l'acclamazione... Joys era caduto sbattendo la testa? Ah sì, giusto, questo lo ricordava. E poi... appena cominciò la tempesta, un ragazzo altissimo e forzuto di nome Tifone se l'era portato in spalla mentre correvano sotto la pioggia verso l'infermeria dell'esercito. Che giornata frenetica! In quel momento erano tutti preoccupati per Joys, sebbene Hans continuasse a ripetere che stava bene. Sembrava anche un po' pentito per aver sorpreso il ragazzo in quel modo; Joys non sarebbe svenuto se avesse taciuto.
Il piccolo dormitorio comune in cui alloggiavano in quel momento i ragazzi era estremamente semplice: pareti bianche e lisce, pavimentazione lastricata, un armadio per ogni letto e una finestra ogni sette passi. I letti erano esattamente venti, come se quella stanza fosse stata arredata appositamente per loro.
A notte ormai tarda i ragazzi erano ancora tutti svegli, ognuno occupato a suo modo, chi a riposare sul letto di lino (comodo, ma ruvido), chi a osservare la desolazione nelle strade allagate, chi a fare flessioni, chi ad esercitarsi con la spada di legno da allenamento disgnando volteggi e descrivendo archi nell'aria. Lo zio di Galahad se n'era andato nel dormitorio degli esploratori già da un pezzo. Fu quando Joys venne dimesso che tornò la voglia di chiacchierare.
- Eccomi di nuovo fra voi, mortali, in tutto il mio splendore!
- Ma tornatene da dove sei venuto piccoletto!- scherzò Galahad, prima di abbracciarlo e dargli una manata sulla schiena.
- Piccoletto a chi? Prima di perdere i sensi tu stavi per frignare ancora una volta, bamboccio! Haha!
- Smettetela cretini! Allora Joys come stai?- era Volmar.
- Una favola, guarda! Maledetto mal di testa! 'Sta stupida benda...
- Fermo non te la togliere! Se te l'hanno messa ci sarà un motivo, tu non sei medico, non puoi sapere se ti serve ancora o meno.
- Hey hey calma Volmy, non verrà un cavaliere con la spada di fuoco a mozzarmi la testa solo perchè mi son tolto la benda.
Risate e applausi a Joys fecero Volmar scuro in volto e si eclissò senza una parola.
- Dio Dio... non ci posso ancora credere... ragazzi ci pensate? Ensifer sarà il nostro allenatore! Non sto più nella pelle! Avrei voglia di cominciare subito l'addestramento e... oh che goduria sarebbe! Letteralmente godrei stando con un eroe delle storie tutto il santo giorno!
Annuirono tutti eccitati, condividevano tutto lo stesso entusiasmo, come era ovvio che fosse. Il momento di sorpresa e sbigottimento era già passato da un pezzo, ora rimanevano soltanto impazienza, felicità e attesa in un futuro migliore. Migliore di qualunque prospettiva si fossero creati nei giorni passati a cacciare nelle foreste e ad elemosinare fuori dalla città. Non sembrava vero che tutti e venti erano reietti e senzatetto fino alla notte prima, mentre adesso... erano completamente l'opposto, avrebbero intrapreso un viaggio che li avrebbe condotti al benessere, alla fama, all'onore.
- Non sarebbe una cattiva idea, Joys.
La voce proveniva dall'ingresso. Un suono caldo e freddo allo stesso tempo, purtuttavia amabile e sereno. Era certamente un uomo. La forte luce proveniente dalle torce nel corridoio proiettavano due lunghe ombre all'interno del dormitorio e rendevano difficile riconoscere la coppia di individui che si era fermata proprio a fianco del primo letto. Galahad prese una delle poche torce accese in fondo alla camera e la ripose su un sostegno più vicino all'ingresso. Uno dei due nuovi arrivati, quello più alto, si stagliava eretto e impettito con una mano sull'elsa della spada nel fodero; l'armatura leggera ed ammaccata luccicava alla fioca luce e il copricapo nero di cuoio sgualcito aveva l'effetto opposto, come se assorbisse la luce delle torce; non fu lui a parlare però. Il compagno, nettamente più basso, tuttavia nella statura media, si fece avanti con le mani dietro la schiena, disarmato e vestito con abiti eleganti; non era il tipo di eleganza che sconfinava nello sfarzo, ma era piuttosto sobria, una distinzione dalla massa, ma senza l'arroganza nobiliare. Nessun merletto, nessun decoro di seta, nessun gioiello nè alla mano nè al collo, solamente una bellissima giacca blu notte, ricamata con una croce azzurra sul petto, stivali di pelle arrotondati e senza tacchi. Un viso amabile e sorridente si rivolse alla compagnia di amici: una cascata di bellissimi ricci neri incorniciavano il volto fresco ed energico di un trentenne in ottime forze; la carnagione chiara accentuava un gioco di chiaroscuro perpetuo che conferiva alla sua persona un lato misterioso, gli occhi castani e brillanti sembravano vispi ed iperattivi, coglievano ogni minimo particolare e abbracciavano in un solo sguardo tutto ciò che gli accadeva intorno; un naso importante ed una bocca sottile davano a quel viso glabro un'aria di rispetto ben guadagnato e di affabilità imperturbabile.

 
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