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Racconti di ieia

DeletedUser

Ospite
Salve, mentre gioco mi piace tenere un diario di bordo dell' account con scritto quello che succede ecc un po' romanzato, se a qualcuno andasse di leggerlo ben venga.
Questo è dell' account GiornoDopoGiorno nel quale gioco in share con corsoshiba e blueyes74. A breve dovrei fare anche il V capitolo credo domani. (o oggi vedo come mi gira)


i tre raminghi dell'ovest - di Ieia il cantastorie
I

Tre anime perse, tre cavalieri senza terra. Erano rimasti raminghi per molto tempo, fino al giorno in cui si ritrovarono a discutere del loro futuro seduti intorno ad un tavolo.
Fu quel giorno che i tre decisero di unire le loro forze per dare vita ad un nuovo regno. Si rimisero in viaggio, cavalcando fianco a fianco come già una volta avevano fatto, portando nei loro cuori e nelle loro menti i nomi ed i volti dei loro compagni caduti. Dopo vari giorni giunsero finalmente nel posto che da allora avrebbero chiamato casa. Avevano sentito parlare di alcune terre situate nel mezzo delle radure a sud-est e vi si erano diretti. Terre leggendarie, dicevano gli scritti, terre incredibili dicevano i sognatori, terre fertili dicecano i mercanti, ma per loro erano semplicemente terre di conquista. Vibrava un vento fresco quella sera nell' aria, muoveva i capelli degli stanchi viaggiatori, mentre la luna baciava con una luce argentea i loro volti e faceva brillare le loro vecchie corazze. Fu allora che, mentre i rami degli alberi fischiavano suonati da quella brezza che sarebbe diventata presto primaverile, all' unisono essi dichiararono di essere arrivati a destinazione. Raminghi peró erano e raminghi restavano. Sapevano benissimo che da quel giorno sarebbe cominciato un nuovo viaggio e sarebbe stato molto più duro di quello fatto per giungere in quei terreni.


II

Due piccoli villaggi di contadini si unirono alla loro crociata nella speranza di ottenere un po' di gloria. La gloria che li spettava, la gloria che prima non li era stata concessa, la gloria che li era stata portata via con la forza e con i sotterfugi. A questo ambivano, a questo miravano, per questo la loro spada si alzava quando dichiaravano un attacco e correvano insieme alle loro truppe al suono della tromba d' assalto. Guardavano dalle piccole mura di legno edificate qualche giorno prima il vasto mondo che li aspettava, il vasto mondo che Giorno dopo giorno si sarebbero presi. I loro occhi si illuminavano di speranza e rabbia alla luce del sole, erano di nuovo pronti per combattere.

Altri stranieri arrivarono, i villaggi cominciarono a cresce e da piccoli insediamenti diventarono, paesi, città e chissà cosa ancora. In questo mondo in cui presto sarebbe cominciata la guerra i mercanti parlavano, portavano informazioni a chi aveva orecchie per ascoltare e occhi attenti per vigilare su ciò che accadeva intorno a lui. Questa nuova fetta di mondo non aveva ancora nessun padrone, ma molti guerrieri bramavano di averla per loro. Nacquero le prime alleanze, fra nobili, generali e borghesi che possedevano piccoli pezzi di terra. Mercenari in cerca di fama, fortuna, ma soprattutto denaro, arrivarono a frotte. Nell' aria cominciava ad alzarsi un lieve sentore di morte, mentre tutti si preparavano ed allestivano alla meglio i loro possedimenti e i loro uomini. I raminghi non s*****ro a guardare in silenzio, si unirono anche loro ad un gruppo di guerrieri. Lo scelsero perché al suo interno vi erano amici e vecchi compagni di battaglie. Lo scelsero perché per alcuni versi li ricordava quello che avevano perso, quello che non erano riusciti a tenere unito, ma che tenevano sempre vivo nelle loro menti. I villaggi sotto il loro comando crebbero veloci, gli uomini erano disposti e ben attenti ad apprendere le arti della guerra e i raminghi erano insegnanti capaci, temprati da quello che avevano passato fra le montagne. Non amavano parlare del loro passato, se non con pochi comandanti capaci, comandanti che si distinsero anche in combattimento e in battaglia. Molto velocemente il nome dei raminghi crebbe, quasi con la stessa velocità con cui crescevano e si espandevano i loro villaggi.

Ci si preparava per la battaglia, i primi scontri stavano muovendosi sul territorio, ne portavano notizia gli esploratori che perlustravano le zone in cerca di buchi nelle difese nemiche. Il mondo si stava muovendo, il fuoco bruciava i villaggi di chi non era pronto, di chi si era fatto sopraffare, solo i più veloci e svegli riuscivano a sopravvivere. I raminghi avevano già assistito una volta a quello spettacolo, piccoli flashback riportavano alla loro memoria precedenti battaglie mentre i loro soldati viaggiavano nella loro zona cercando facili prede. Le cose più ambite erano i piccoli villaggi nei quali trovare le risorse che potevano essere utili a far crescere più velocemente i loro possedimenti. Villaggi di barbari nativi della zona, ma senza alcuna conoscenza dell' arte della guerra, o villaggi di altri regnanti. Ai raminghi non interessava chi cadeva sotto i loro colpi, poiché sapevano che se non fossero stati loro ad attaccare altri lo avrebbero fatto e loro volevano il meglio per i loro villaggi.
Uno dei motti che i guerrieri sotto di loro impararono per primi fu infatti "La miglior difesa è l' attacco!".


III

Si avvicinava la sera, le truppe erano pronte per quello che stava per essere fatto. Nobili governanti erano stati istruiti, erano stati scelti per governare e gestire i villaggi che i raminghi portavano sotto il loro controllo, mentre loro alzavano le spade nei campi di battaglia insieme ai propri soldati.

Quella sera il tempo era giunto, l' esercito schierato, i raggi del sole che tramontava scendevano dietro le mura di pietra, illuminava gli uomini armati che si avviavano verso la meta. Se si fosse guardato dall' alto l' impressione era quella di vedere un serpente che usciva dalla sua tana per andare a mordere la sua preda. Il giovane ragazzo che era stato scelto per essere messo a capo del villaggio che si sarebbe preso marciava in mezzo ai soldati con destrezza e senza paura, poiché anch' egli aveva combattuto qualche piccola battaglia prima di quella che sarebbe venuta al calare del sole.
I raminghi erano davanti alla fila di soldati, pronti a scrutare ogni minimo movimento, in caso di un' imboscata, alcuni fra gli esploratori più fidati erano al loro fianco e li aggiornavano su la conformazione del terreno. Avrebbero attaccato col favore del buio, senza farsi notare, senza accendere fuochi, in silenzio nella notte avrebbero preso quello che avevano reputato il bersaglio migliore e con il favore delle tenebre avrebbero cominciato a ricostruire quel villaggio sotto una nuova guida.
I soldati marciavano, mentre il fruscio delle foglie secche che si staccavano dai rami per la forza del vento freddo che proveniva da nord si mescolava ai loro passi e allo stridere dell' ariete che avanzava trainata dai cavalli.
Dopo qualche ora di cammino arrivarono finalmente alla collina dove si sarebbero preparati per l' attacco, il buio era sceso sulle loro teste. I raminghi dopo aver predisposto le direttive fra i vari comandanti salirono sulla collina e il loro sguardo si concentrò in basso, verso l' obiettivo di quella marcia. Il villaggio sottostante era illuminato da piccoli fuochi che facevano danzare le ombre delle guardie prima tra gli alberi, poi sulle rocce, poi nuovamente fra gli alberi. Quelle ombre sembravano le loro anime che tentavano di volarsene via e che presto lo avrebbero fatto quando la vita sarebbe stata strappata via dai corpi di quegli uomini.

I raminghi si volsero, diedero il segnale, alcuni esploratori fidati partirono per primi, insieme a S. Corso. Il loro compito era fondamentale per la riuscita del piano, essi dovevano tagliare la gola delle guardie senza fare rumore. Nel momento in cui essi partirono fra le truppe terminò ogni piccolo brusio che prima era presente, tutti erano pronti al segnale e fissavano le altre due figure vestite di nero che erano rimaste ad osservare in alto sulla collina il loro compagno di ventura calato nuovamente in una missione pericolosa.
Ci furono cinque minuti di attesa nei quali il silenzio fu spezzato solamente da un ululato di un branco di lupi in lontananza, poi una luce si accese sulla prima torre a nord del villaggio. Era il segnale, le guardie erano state sgominate.

Le truppe al comando dei due raminghi sulla collina si avviarono di gran carriera giù per la collina, in testa l' ariete e attorno uomini per proteggerla, mentre il ragazzo che sarebbe diventato governatore era protetto da alcuni soldati fidati. Qualcuno nel villaggio si destò, ma era troppo tardi, l' ariete cominciò a battere sul portone, si aprì una breccia.
Le truppe entrarono e fecero strage dei pochi soldati nemici che erano riusciti a prepararsi in tempo. La battaglia fu breve, ma adrenalinica. Preso il possesso del villaggio, sistemato le mura e installata subito una guardia, si festeggiò e si cominciò a riparare gli edifici danneggiati. Da allora quel villaggio sarebbe stato una nuova casa per un nuovo popolo, per un nuovo regno. I sopravvissuti all' attacco poterono scegliere se andarsene o se rimanere e combattere sotto lo stendardo dei raminghi. Alcuni se ne andarono, l' indomani si sarebbe sparsa la voce del loro attacco.
Giorno dopo giorno un sogno si stava realizzando.


IV

Il primo villaggio era stato preso, ma la radura nella quale risiedevano ospitava ancora nemici indesiderati che andavano sgominati al più presto.
I loro stendardi svolazzavano, fatti ondeggiare dal vento portavano il loro simbolo, tre spade incrociate, una a sostegno dell' altra, sempre. Erano decisi a rimanere uniti fino alla morte, uniti per un solo obbiettivo, ottenere un posto sicuro nel quale risiedere una volta sgominate tutte le minacce da queste nuove terre. La radura era grande e se ben le loro città erano le più prosperose della zona essi sapevano che dovevano muoversi nuovamente.

Avevano sentito parlare di un audace guerriero che risiedeva vicino alle loro campagne, un guerriero che aveva mostri all' interno dei suoi villaggi, mostri che usava per spaventare le popolazioni vicine. Decisero quell' uomo tanto audace quanto pazzo andava estirpato dal trono del quale si era impossessato. Fu così, fu così che al calare del sole dopo un giorno di preparativi gli eserciti erano nuovamente in marcia. Si contavano molti più soldati ora, uniti da un' amicizia, dalla fratellanza, dal rispetto verso lo stendardo dei tre raminghi e anche soprattutto dalla ricerca di fama personale.
I Raminghi decisero di dividersi, per poter attaccare entrambi i villaggi di quel pazzo nello stesso momento. Prima di dividersi essi si trovarono tutti e tre su di una collina, non un' altura qualsiasi, ma sopra la stessa collina dalla quale videro per la prima volta la nuova terra nella quale ora si erano insediati. Fu in quel momento che incrociarono le spade alla luce del sole che rimbalzava su di loro sotto un faggio che stava cominciando a fiorire e ripeterono insieme il giuramento dei guerrieri <<Torna con il tuo scudo o sopra di esso!>>, poi scesero e radunarono gli eserciti.

I. il cantastorie e B. occhi di ghiaccio sellarono i cavalli ed insieme ai loro commilitoni partirono alla volta del loro obbiettivo, salutando il loro compagno con un gesto vigoroso della mano e calandosi successivamente gli elmi sulla testa. S. Corso il combattente più navigato dei tre partì subito dopo alla volta della fortezza che aveva il compito di conquistare. Per quell' impresa sapeva di poter contare sull' appoggio di un membro dell' alleanza sir. Stokkinson che lo avrebbe supportato in caso di pericolo e che era ben pronto ad intervenire, piazzato con il suo esercito fra gli alberi, nascosto dagli occhi delle vedette nemiche. Avanzarono velocemente lungo le campagne che ormai conoscevano bene, verso territori però inesplorati, l' ovest li attendeva. Le truppe erano schierate nella radura questa volta, il sole calante alle spalle delle mura degli obbiettivi illuminò le corazze dei soldati mentre avanzavano sicuri ed in formazione verso le fortezze nemiche.
Le campane di allerta suonarono, i soldati nemici cominciarono a disporsi lungo le mura, con archi pronti a tirare.
La voce di I. il cantastorie si alzò sicura <<Restate in formazione, continuiamo ad avanzare, riparate i vostri fratelli con gli scudi e proteggete l' ariete!>>. Mentre terminava la frase il forte braccio di B. occhi di ghiaccio si era levato facendo vibrare lo scudo in un sibilo e bloccando un dardo indirizzato al suo compagno che ringraziò con un cenno del capo.
Qualche soldato cadde sotto i colpi delle frecce, ma non molti, erano stati addestrati bene, presto sarebbero giunti al portone con l' ariete.
Fu in quel momento che accadde qualcosa di inaspettato, il portone si aprì, i soldati increduli allungarono il passo per raggiungere la meta più in fretta, ma poi uscirono le belve. Mezzi umani e mezzi coccodrilli erano, si muovevano velocemente con il ventre rivolto verso terra e con sguardo famelico. Il rumore che faceva la loro armatura quando si muovevano era indescrivibile, probabilmente atto a terrorizzare i nemici.
QUell' uscita colse i soldati impreparati che indietreggiarono spaventati, alcuni svennero dalla paura, la formazione ebbe un cedimento, le belve stavano per fare breccia.
I raminghi non immaginavano che le belve potessero essere così terrificanti, dovevano far ritornare il morale delle truppe alto, fu così che con un rapido sguardo Blue, così lo chiamavano i suoi amici, fece intendere cosa avrebbe fatto. <<Col mio scudo o sopra di esso! Cavalleria con me!>> la sua forte voce echeggiò così tanto nella radura che per un attimo il campo di battaglia sembrò congelarsi.
Così mentre il cantastorie sgomitava per mettersi in prima fila e aiutare la fanteria con le lance per respingere le bestie dopo essere sceso da cavallo, il suo compagno, seguito dai cavalieri superava sulla destra il plotone e, schivando le frecce, andava ad insediarsi fra il plotone e le mura. I cavalli calpestarono i coccodrilli, chiusi in quella morsa di lance, mura, zoccoli e cavalli che nitrivano. Le grida di quelle bestie erano infernali, gli uomini acquistarono coraggio.
L' ariete arrivò al portone che era stato richiuso e lo scalfì, una, due, tre volte, finché non cedette e si aprì. I soldati entrarono in formazione, lance avanti per bloccare le bestie, si proseguiva spediti, l'azione di Blue aveva rialzato il morale delle truppe.

Si combatté ancora prima di ottenere la resa dell' intero insediamento, ormai era quasi buio quando finalmente gli stendardi con le tre spade svolazzavano sulle mura. Era il momento del segnale, accesero un fuoco sulla torre più alta, doveva essere il segnale per S.Corso, quello che avvisava che loro ce l' avevano fatta, che loro erano ancora vivi. Lui avrebbe dovuto fare lo stesso presa la fortezza, ma da lontano non si vedeva nessuna luce. I due aspettarono.
Il tempo passava e nessun segnale appariva, i due raminghi iniziarono ad agitarsi, non potevano pensare che il loro compagno fosse caduto in una battaglia dove loro non avevano potuto coprirli le spalle, eppure sapevano com' era la guerra, niente va dato per scontato.
Aspettarono a lungo, molto.
Si addormentarono con le facce rivolte verso sud dov' era l' insediamento nel quale si era diretto S. Corso fu nella notte più profonda che furono svegliati da un comandante.
<<Si è acceso! Si è acceso! S. Corso è vivo! Anche lui ha preso la fortezza nemica!>>. Un' esplosione di gioia ed entusiasmo si stampò sui volti dei due raminghi che si abbracciarono, il loro amico era ancora vivo! L' indomani si sarebbero ritrovati per raccontarsi le vicende di guerra. L' indomani avrebbero pianificato nuovi attacchi, ma soprattutto l' indomani sarebbero stati ancora tutti e tre insieme, uniti per uno scopo.
 
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